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Smaltimento rifiuti, quale la soluzione migliore? Di S. De Biase
Il tema rifiuti nella nostra delegazione è, vista la situazione concreta, particolarmente sentito.
Sui gruppi social relativi ai territori del Municipio, infatti, non passa giorno che non vengano pubblicate foto di rifiuti ingombranti o meno abbandonati ovunque fuorché nei posti in cui sarebbe lecito farlo.
A fronte di una situazione di questo genere, due fatti:
– l’Autorizzazione Ambientale di Scarpino, ad oggi, scade nel 2030: da tale data, quindi, non sarà più possibile conferire in sito alcun rifiuto, salve eventuali proroghe tutt’altro che scontate;
– la TARI pagata a Genova è una tra le più alte d’Italia;
ed una considerazione: evidentemente l’attuale gestione dei rifiuti è dispendiosa ed inefficiente.
È notizia di qualche giorno fa quella secondo cui verrà realizzato un termovalorizzatore nel territorio della città metropolitana che, a dire dell’attuale Sindaco Piciocchi (che, sul punto, smentisce quanto precedentemente dichiarato anche dal suo predecessore Bucci), il sito non dovrebbe essere Scarpino. Conseguenza necessaria di questa notizia, confermata dallo stesso Piciocchi, è che il termovalorizzatore accoglierà anche i rifiuti provenienti da altre località, essendo questa l’unica possibilità per rendere economicamente sostenibile una scelta di questo genere che, comunque, porterà significative ricadute in termini ambientali.
Una soluzione vecchia, quindi, che non sembra tener conto di alcuna alternativa. Ma davvero non c’è altro da fare?
Il punto di partenza, qualunque cosa si voglia fare di diverso da un termovalorizzatore, è ridurre la quantità di rifiuti da conferire a discarica. Questo deve essere chiaro a tutti, perché altrimenti parleremmo di favole.
Un primo sostanziale passo potrebbe essere quello di promuovere ed incentivare i sistemi di restituzione dei depositi per bottiglie in PET, vetro e contenitori per bevande in metallo, che forniscono un tasso di restituzione superiore al 90% (e, cioè, la rimmissione sul mercato del 90% del conferito), aumentando i punti di restituzione (e magari collocandoli vicino ai luoghi che frequentiamo nella normale routine quotidiana, per rendere la restituzione più comoda e quasi “automatica”).
Un secondo passo potrebbe essere quello di incentivare davvero la raccolta differenziata degli organici, e dei cc.dd. RAEE. Sappiamo che tante soluzioni che funzionano altrove, da noi non sono sostenibili. Un territorio ampiamente collinare, ad esempio, rende inagevole la raccolta porta a porta; una significativa percentuale di immobili senza balconi, terrazzi o giardini rende impensabile la presenza nelle nostre case di 5/6 bidoni diversi dell’immondizia o la raccolta a giorni alterni.
Perché queste due soluzioni siano concrete ed effettive, però, non è sufficiente sensibilizzare l’utenza a tenere comportamenti più sani per il bene “dei nostri figli”, ma è necessario fare discendere benefici economici immediati e tangibili, come sconti sulla tariffa della TARI.
Si pensi, senza scomodare soluzioni fantascientifiche, ad una tessera magnetica da inserire nei punti di immissione o nei bidoni che pesi i beni conferiti, tipologia per tipologia, e calcoli un credito TARI (piccolo a piacere di chi sarà chiamato a determinarlo) in favore dell’intestatario.
In tal modo conferire bottiglie PET, vetro carta e lattine negli appositi punti di immissione anziché nell’indifferenziato garantirebbe ad ogni utente un beneficio tangibile e visibile e, pressochè certamente, se fossimo remunerati per quello che conferiamo e per come lo conferiamo, probabilmente, saremmo tutti più attenti e “sensibili”.
Oltre al beneficio economico, poi, servirebbe investire sulla semplificazione del conferimento: potenziare i servizi di raccolta porta a porta dei rifiuti ingombranti e la presenza degli ECOVAN, estendere gli orari di apertura delle isole ecologiche e rendere veloce e semplice il conferimento nelle stesse.
È la soluzione ad ogni male? No, chiaro.
C’è chi la TARI magari non la paga o chi proprio la civiltà non la recupera nemmeno quando gli conviene.
Per quello, allora, servono davvero sanzioni serie e severe: non solo sanzioni pecuniarie (la cosiddetta multa per capirci), ma anche il divieto di accedere ad esenzioni, sconti e riduzioni su tutti i servizi erogati dal comune (servizi di trasporto, tariffe scolastiche, etc).
Sicuramente investire su queste soluzioni costa (e non poco), ma un inceneritore costa (stando ai giornali) circa 300 milioni di euro.
Sicuramente incenerire rifiuti di altri è più remunerativo, ma per capire se è quello che vogliamo, dobbiamo ragionare che, tra le tante possibilità, c’è anche quello che lo si faccia sotto casa nostra. In quel caso, ci piacerebbe?